RETE CIVICA DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA
; Archivio film Rosebud; ; Archivio film Rosebud
Torna alla Home
Mappa del sito Cerca in Navig@RE 

 > Aree tematiche > Cultura e spettacolo > Archivio film Rosebud > Elenco per titolo > 

Tempo sospeso (Il) - Mega'll az ido

Regia:Gothàr Pèter
Cast e credits:
Sceneggiatura: Gèza Beremènyi, Pèter Gothàr; fotografia (estmacolor): La jos Koltai; musica e arrangiamenti musicali: Gyorgy Selmeczi; interpreti: Istvàn Znamenàk (Dènes), Henrik Pauer (Gabor), Sàndor Soth (Pierre), Pèter Gàlfy (Vilmon), Aniko Ivàn (Magda), Agi Kakassy (la madre), Pàl Hetènyi (il padre), Lajos Oze (Bodor), La jos Szabo (il preside ), Josef Kroner (il professore), Maria Ronyecz (la nuova professoressa); produzione: Mafilm Budapest Studio, Budapest; durata: 99'; anno: 1981.
Critica (1):Da che mondo e mondo, ogni generazione vuole iniziare la propria storia partendo da un foglio bianco. Questo foglio bianco è un vero e proprio giudizio non scritto, al di, sopra delle regole lasciate in eredità dai padri. È la bandiera fiorente del diritto alla diversità. II simbolo della lacerazione. Il segno della sovranità. Ora, mentre sto riflettendo sul particolare tipo di messaggio artistico contenuto nel secondo film di Pèter Gothàr, Il tempo sospeso, mi viene da pensare che, per parte mia, questo foglio bianco possa non essere affatto un'astratta fantasticheria. Quindici anni fa, per la verità, ho visto un film di Pàl Sàndor, Clowns al muro, che utilizzava uno striscione da corteo. Lo innalzava un corteo di ragazzi, nel centro di Pest. Ecco: l'arte poetica riesce a rivolgersi a noi anche in questo modo, facendo innalzare un cartello bianco. Per quanto fosse abbastanza ridicolo il vederlo, si rabbrividisce ugualmente. Che cos'è? Nulla? Alla fine si sorride; in una grande manifestazione generazionale non può mai esservi tabula rasa. Ciò si può anche notare nel nuovo film di Gòthàr: pur aumentando l'incomprensione, pur inceppandosi il funzionamento del meccanismo comunicazionale, questo foglio bianco si riempie giornalmente con messaggi in codice, con scritti segreti, con geroglifici, in andata ed in ritorno. Anche dopo quelle esplosioni che distruggono destini, famiglie e ideali, come la controrivoluzione del '56. In questo caso avrebbe potuto essere veramente così. Per realizzare un'opera in comune, un film che vuole ricercare la soluzione di alcuni rebus di matrice storica rimasti insoluti nel proprio animo, si sono ritrovati tre congeniali compagni di creazione - lo scrittore Gèza Bermènyi, il regista Pèter Gothàr e l'operatore Lajos Koltai -. Essi fanno parte della generazione cresciuta dopo il '56, pertanto, nel loro film, devono risolvere il problema che risulta forse più difficile: presentare le loro confessioni in modo contemporaneamente soggettivo e veritiero. Mentre a meli tempo sospeso appare come una leggenda, per questo risulta estremamente attendibile. Ma in verità, in questo caso, cos'è la leggenda? Il padre che, di fronte alle loro conseguenze, rimane talmente disorientato dagli avvenimenti storici da fuggire all'estero? I due fratelli che vengono allevati, con enorme difficoltà, dalla madre rimasta sola? Il "compagno di lotta" che, uscito dal carcere, si inserisce, come successore naturale, di diritto, nel ruolo di padrino ed amico di famiglia? Il Collegio degli insegnanti, che risulta improponibile per qualsiasi tipo d'esempio e di modello? L'autoemancipazione sessuale sino allo sfinimento? L'approvazione di bevande, forme di ballo ed atteggiamenti considerati, sino ad allora, un frutto proibito? Seppure con qualche variante, questi fatti risultano noti. Questo film attinge abbondantemente ad elementi noti della letteratura giovanile ed adulta, oltre che all'arte cinematografica. È sospetto il fatto che sia potuto fondere il materiale originale presente (se esiste) nei ricordi dei registi con le esperienze letterarie, provocando di per sè, una sorta di reazione chimica. Ciò appartiene tuttavia, alla confessione della verità soggettiva; ma diverso è ciò che proviene dall'intimo più profondo. Lo si intuisce maggiormente dai silenzi che non dalle parole; dall'ostinata dignità che non dal furore scatenato; dalle espressioni dei volti pieni di paura e dal senso di colpa intriso di sangue che non dagli scatti nevrotici: il film riesce a presentare meglio i personaggi maschili, nascondendo una parte dei loro segreti. Pèter Gothàr e Lajos Koltai, per lo sviluppo, utilizzano un laboratorio speciale. Ci sembra di poter vedere le immagini già durante lo sviluppo, quando superano la frontiera del momento mistico. Quando le luci, i colori e i toni appaiono più percettibili che a fuoco. In questa fase di vita crepuscolare appare di fronte a noi, dalla vita reale, una facciata estremamente intensa: Lajos Koltai, con la sua originale tecnica d'illuminazione, non si limita ad una funzione strumentale, passiva, ma partecipa attivamente alla creazione dell'opera filmica. Dalla sua macchina da presa spuntano mille occhi; egli coglie, nel loro farsi, le frazioni di secondo, si muove, si libera per osservare e far parlare, in un impetuoso dinamismo, la parte di vita prescelta. E strano come tutto l'insieme, particolarmente l'effetto delle luci teatrali, possa avere tanta influenza psicologica e d'atmosfera anche sulle immagini di contenuto convenzionale; ciò crea una sensazione diversa, attraendo su questa l'attenzione. Lo spettatore, intuendo la presenza di una precisa concezione stilistica, lo ringrazia intimamente, ma, in alcuni momenti reagisce soprattutto Bifronte al pericolo del procedimento. L'esempio è dato quando nella tavernetta divenuta teatro del monologo "educativo" del padrino, "riemergendo" nuovamente dallo sfondo egli viene identificato nel gabinetto delle figure di cera vaporosamente deliranti. Questo linguaggio mimico, comunque serve anche a misurare i valori contenuti nella tirata didattica, e ci si accorge che non è più il regista a padroneggiare lo stile, quanto lo stile a dirigere il regista. In sostanza, il film ha sufficiente forza interiore per evitare che i mezzi sfuggono di mano. Gothàr, col suo film Benedetto questo giorno, unitamente a tutti i suoi telefilm, ci aveva convinti della sua capacità di guidare in maniera esemplare i suoi attori nel la rappresentazione dei suoi vari caratteri. Anche questa volta egli ha saputo scegliere gli attori non solo dal punto di vista dei personaggi, ma anche da quello delle caratteristiche somatiche. Sullo schermo riescono a creare un notevole effetto grazie alle loro personalità, è questo rende ancor più che non una buona interpretazione. In linea di massima sono stati risolti, nell'insieme della rappresentazione, i problemi d'inquadratura, di colore, di ritmo; di questo, possiamo avere un ottimo esempio nell'episodio della ricerca della classe. Gli stacchi risultano ottimi e significativi, sottolineati molto bene dalla colonna sonora. Non risulta tuttavia possibile motivare completamente, attraverso analisi parziali, l'eccessiva ricchezza sentimentale del film. Occorre mettere insieme conoscenze e coraggio perchè un film possa agire, unendo tragico ed ironico in un gioco armonico dai mille colori. Il ricordo, che viene trascolorato dall'applicazione di uno stile un po' irreale, porta con sè, naturalmente, il rischio della freddezza e del distacco. Gothàr ha buon gioco in quanto non dimentica, nell'armamentario delle emozioni, la nostalgia, in ciò cedendo non solo alla moda, ma anche ai propri sentimenti. Anche perchè, tra i giovani, non si accumulano e non si intrecciano solo tendenze storiche, ma anche storie d'amore indimenticabili. È un po' bizzarro come l'amore azzurro scivoli attraverso il bianco ospedale, in silenzio, facendo cantare i cuori. Comunque è bello. Il commento musicale di Gyorgy Selmeczi esalta il film, vigilando con sensibililità sulla nostalgia. Il foglio bianco è quindi riempito di ricordi. Sui libri di vent'anni fa, quelli dell'età adolescente, si può leggere come la disciplina e l'astuzia grossolana suscitino contrasti e rendano difficile l'adattamento naturale. Questa è stata la vera scuola; da quel momento in poi le passioni si sono calmate. Che cosa rimane della volontà di essere diversi dai padri? Ritengo che il film risponda più all'inizio che al termine. Non credo a quanto viene suggerito dall'epilogo del film, e cioè che in quattro-cinque anni i personaggi principali, come filistei, si siano addolciti. Ovviamente non si può tacere sul crollo delle illusioni, ma non si può neppure negare, alla fine del film, i valori della ribellione insiti nella meravigliosa e sofferta leggenda.
Gli interpreti hanno adempiuto al loro compito in modo qualitativamente elevato. Il talento di Agnes Kakassy dà un nobile spessore alla figura materna. Maria Ronyecsz, interprete del difficile personaggio dell'insegnante, riesce ad immedesimarsi in modo complesso e sfumato. Lajos Oze interpreta perfettamente la figura del padrino. Jozef Kroner, Lajos Szabò, Tamàs Jordàn, hanno fornito caratterizzazioni di alto livello. Adàm Rajhona, anche questa volta, risulta un ottimo attore. Tutto sommato, dunque, Il tempo sospeso è - dopo Mephisto - un fonte di soddisfazione per l'arte cinematograica ungherese.

Gyorgy Sas, Cinema Ungherese '80 a cura di Paolo Vecchi.
Critica (2):
Critica (3):
Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
Valid HTML 4.01! Valid CSS! Level A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0 data ultima modifica: 10/16/2014
Il simbolo Sito esterno al web comunale indica che il link è esterno al web comunale