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Olivier, Olivier - Olivier, Olivier


Regia:Holland Agnieska

Cast e credits:
Sceneggiatura: Agnieska Holland, Yves Lapointe; fotografa: Bernard Zitzerman; montaggio: Isabelle Lorente; musica: Zbigniew Preisner; interpreti: Grègoire Colin (Olivier), Marina Golovine (Nadine), Brigitte Roüan (Elisabeth Duval), François Cluzet (Serge Duval), Emmanuel Morozoff (Olivier bambino), Faye Gatteau (Nadine bambina); produzione: Francia 1991; durata:106'.

Trama:La famiglia Duval vive nella campagna francese: il padre Serge è veterinario, la moglie Elisabeth si occupa dei figli: Nadine e il piccolo Olivier. Un giorno Olivier prende la bicicletta e scompare. Se ne occupa l'ispettore Druot, ma nonostante le sue ricerche, il ragazzino non viene trovato. La famiglia Duval si sfascia. Sei anni dopo Druot trova sui marciapiedi di Parigi un ragazzo che potrebbe essere Olivier e lo riconsegna alla sua famiglia. È proprio lui? 

Critica (1):Storia di una scomparsa e di una riapparizione, quella di Olivier, il fragile e sensibilissimo bambino, che a otto anni si allontana dalla casa dei genitori, i Duval (borghesia di campagna della provincia francese), con la sua bicicletta, con il suo berrettino rosso, per non tornarvi più, oppure per ritornarvi dopo qualche anno sotto altre spoglie, quelle di un misterioso adolescente, giovane vagabondo, che potrebbe essere un piccolo delinquente approfittatore o lo stesso Oliver, che ha mutato quella sua aria indifesa angelica, nell'ambiguità inquietante di una specie di angelo giustiziere. Come in Teorema di Pasolini il presunto ritorno di Olivier in quella famiglia che si reggeva sugli equilibri convenzionali della rispettabilità di provincia, provoca una trasformazione misteriosa. Se la famiglia infatti in preda a uno psicodramma, molto crudelmente raccontato dalla Holland, ha vissuto la scomparsa di Oliver come una rottura di quegli equilibri evidentemente falsi, vive in modo altrettanto traumatico il suo ritorno in un corpo trasformato che quasi incarna il mistero sospeso sul destino, non solo del bambino ma di tutta la famiglia, durante gli anni della scomparsa. Ma il trauma della riapparizione ha qualcosa di arcano e quasi religioso che si manifesta soprattutto nel rapporto con la sorella Nadine. Questa ragazzina è una delle invenzioni più felici del film e rivela una giovane attrice che sembra avere molte carte da giocare nel futuro, quanto a intensità drammatica, Marina Golvine. Nadine, complice fin dall'infanzia dei giochi magici con Olivier, instaura con il presunto fratello un rapporto affascinante e morboso, la ragazza sembra dotata di poteri paranormali, è una piccola strega piena di violenza e di amore, che non arretra nemmeno di fronte all'incesto. Cluzet e la Rouan sono nei panni dei genitori, lui pieno di dubbi e ombrosità, lei depositaria di un amore materno che sfocia nell'isterismo ma anche nell'intensità di un desiderio che la porterà fino a mutare gli equilibri del reale. Il film è costruito, fino alla svolta finale, come una "sonata" poetica degli affetti familiari, senza temere gli eccessi e soprattutto con una composizione dei dialoghi (della stessa Holland con Règis Debray), degna della intensità e degli equilibrismi di un Cocteau (per esempio Les parents terribles). Ma questa libertà nel racconto, fatta di sfumature e di colpi di regia si spezza, forse, per un funanbulismo troppo eclettico, nel risvolto giallo finale, che è però riscattato da un bel cameo dell'attore regista Jean François Stevenin nei panni dell'ispettore di polizia. Un po' troppi doppi fondi e doppi finali inficiano la scorrevolezza del film, anche se nell'ultima inquadratura, con una ambiguità morale, il mistero di un film affascinante come Olivier, Olivier è fatto salvo.
Bruno Roberti Vivi Cinema n. 44-45 ott.-nov. 1992

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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