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Stoker


Regia:Chan-wook Park

Cast e credits:
Sceneggiatura: Wentworth Miller; fotografia: Chung Chung-hoon; musiche: Clint Mansell; montaggio: Nicolas de Toth; scenografia: Thérèse DePrez; arredamento: Leslie Morales; costume: Kurt Swanson, Bart Mueller; effetti: Everett Byrom; interpreti: Mia Wasikowska (India Stoker), Matthew Goode (Charlie Stoker), Nicole Kidman (Evelyn 'Evie' Stoker), Jacki Weaver (Gwendolyn 'Gin' Stoker), Dermot Mulroney (Richard Stoker), Phyllis Somerville (Sig.ra McGarrick), Alden Ehrenreich (Whip), Lucas Till (Pitts), Ralph Brown (Sceriffo), Judith Godrèche (Dott.ssa Jacquin); produzione: Ridley Scott, Tony Scott, Michael Costiganscott per Free Productions-Indian Paintbrush-Fox Searchlight Pictures; distribuzione: 20th Century Fox ; origine: Usa, 2013; durata: 100’. Vietato 14

Trama:India Stoker, una ragazza sensibile e introversa, conduce un'esistenza tranquilla e solitaria che viene sconvolta nel giorno del suo diciottesimo compleanno: suo padre Richard, infatti, perde la vita in un tragico incidente. Durante il funerale, India incontra il misterioso e affascinante zio Charlie, il fratello di Richard di cui lei non aveva mai sentito parlare, tornato dopo una lunga assenza proprio per prendersi cura di India e di sua madre Evie, una donna fragile e instabile. Sulle prime la ragazza si mostra diffidente nei confronti dello zio, ma con il passare del tempo si renderà conto di avere molto in comune con lui e che la sua ricomparsa non è stata affatto casuale...

Critica (1):Premio Morticia Addams a Mia Wasikowska. Aveva fatto le prave in L'amore che resta di Gus Van Sant: le rimanevano tre mesi di vita, avrebbe lasciato agli eredi uno stupendo guardaroba vintage, si era trovata un fidanzato con la passione per i funerali di gente sconosciuta. In questo Stoker (primo film girato in inglese dal coreano Park Chan-wook) legge l’Encyclopedia of Funerals, segnalando a mamma Nicole Kidman che le vedove nell'età vittoriana osservavano tre anni di lutto stretto (peggio sarebbe immolarsi sulla pira del consorte). (…) Stoker come Bram Stoker, l'imitatissimo scrittore di Dracula. India, capelli lunghi sul viso pallidissimo da eroina di Edgar Allan Poe, conserva tutte le scarpe bicolori di varie misure calzate dalla culla fino ai 18 anni. Ha appena seppellito il padre, morto in un incidente stradale. Al funerale si presenta un giovane zio dal modi insinuanti. L’attore Matthew Goode (era l'amante di Colin Firth In Un uomo solo di Tom Ford) ha qualcosa di Anthony Perkins in Psycho. Si chiama zio Charlie, come Joseph Cotten in L'ombra del dubbio, che Hitchcock girò nel 1943. Vediamo uccelli impagliati, e una matita appuntita che ferisce come un coltello. Nicola Kidman – ancora un po' in difficoltà per le dissennate punture di botulino che le hanno spianato la fronte e rimpolpato le labbra – fa la bionda gelida fuori e bollente dentro. Alfred Hitchcock non è il primo regista che veniva in mente, quando abbiamo visto – e ammirato – la violentissima trilogia di Park Chan-wook sulla vendetta: Mr Vendetta, Lady Vendetta e Old Boy, con la scena del polpo mangiato vivo (dimentichiamo più facilmente gli umani torturati, e aspettiamo di ritrovarla nel remake di Spike Lee che uscirà a ottobre). Ma il coreano ha i suoi cortocircuiti e riesce a mettere insieme film come Thirst, ispirato a Teresa Raquin, il romanzo di Emile Zola che nell'ottocento anticipò tutti i postini che suonano due volte. Sono le trame in cui la moglie d'accordo con l’amante uccide il marito legittimo, ma il diabolico piano non porta la felicità. Zola complicò la trama con una paralitica – la madre dell'ucciso - che tutto capiva ma non poteva denunciare il misfatto. Park Chan-wook ci aggiunse un prete cattolico e vampiro (il risultato non fu esaltante).
Non servono parole. Qui il sangue schizza sui fiori bianchi: una volta, un'altra, un’altra ancora. E di nuovo siamo lontani da Hitchcock, che girò Psycho in bianco e nero per non colpire allo stomaco gli spettatori: il suo bersaglio era la testa. Il coreano allo stile ci tiene: composizioni stupende, capelli che sfumano in nascondigli di caccia nell'erba, e – ascoltando un sinistro metronomo – capiamo quanto prezioso possa essere il lavoro del sound designer. Una sonatina scritta da Philip Glass fa da colonna sonora a un quasi pornografico duetto al pianoforte. La raffinata direzione degli attori cerca il massimo dell'emozione con una recitazione minimalista. La sceneggiatura – firmata Wentworth Mlller – non spreca parole. Sa raccontare la gelosia solo con gli sguardi, la devozione del seduttore e l'ostinazione della sedotta con un ombrello giallo appeso a una cancellata. Godiamo lo splendore formale delle singole scene, che però fanno l'effetto di quadri in un'esposizione: tutte le sfumature dal sublime al kitsch. (…)
Corriere della sera Sette, 21/6/2013

Critica (2):

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