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Time - Shi gan


Regia:Ki-Duk Kim

Cast e credits:
Sceneggiatura e montaggio
: Kim Ki-duk; fotografia: Sung Jong-moo; musica: Noli Hyung-woo; scenografia: Choi Keun-woo; costumi: Lee Dah-yeon; interpreti: Ha Jung-woo (Ji-woo), Park Ji-yeon (Seh-hee), Seong Hyeon-a (See-hee), Kim Sung-min (il dottore), Kim Ji-hyun (Yeon-Hee), Kim Bonah (Yoon-ah), Jang Joon-young (Minsoo), Oh Seo-won (la ragazza di Min-soo), Kim Chong-il (l'uomo che lotta con Jiwoo), Soli Jae-ik (il proprietario del motel), Hong Jung-yun (il proprietario del bar), Park Hyun jeong (l'hostess al bar), Park Jee-in (la ragazza con la lettera), Ahn Kang-won (il bambino col pallone), Joo Eun-sil (la ragazza al telefono), Oh Yoo-jin, Kwon Sae-byul (infermiere), Im Hyun-sung, Choi Nam-seok (amici di Jiwoo); produzione: Kim Ki-duk per Kim Kiduk Film/Happinet Pictures; distribuzione: Mikado; origine: Corea del Sud – Giappone, 2006; durata: 97'.

Trama:Seh-hee si sta recando all'appuntamento con il suo ragazzo, Ji-woo, con cui sta da tempo. Si scontra con una donna dal volto coperto, all'uscita da una clinica di chirurgia estetica. A questa cade il ritratto che ha in mano: un volto dai tratti sciupati e sconvolti. Il ritratto viene raccolto da Sehhee, mentre la donna scompare. Seh-hee è gelosa, tormentata dall'idea di non attrarre più il suo compagno. Dopo una scenata scoppiata nel bar dove i due si incontrano e dopo averlo invitato a pensare ad un'altra ragazza mentre fanno l'amore, entra nella clinica che abbiamo già visto non per essere più bella ma per trasformarsi in un'altra donna, della quale il suo Ji-woo si possa innamorare di nuovo...

Critica (1):(...) Al centro del dramma c'è una coppia, ancora (e sempre?). L'amore è il luogo dell'anima in cui la diversità più che altrove tende all'indifferenziato e si illude di raggiungerlo. Non è una considerazione nuova, per carità, ma ciò non toglie che almeno per ora si possa legittimamente continuare a giustificare l'assunzione della relazione amorosa come set dove evidenziare il conflitto tra l'unicità di questa ricerca e la molteplicità irriducibile dei suoi protagonisti. Così, la prima domanda che ci poniamo è, verosimilmente: Seh-hee e Ji-woo davvero abitano insieme quello spazio esclusivo e contemporaneamente aperto all'ignoto, costituito dal sentimento amoroso? La sensatezza della domanda viene immediatamente messa alla prova dalla successione ruvida, per nulla rassicurante, di due ambienti antitetici in cui la coppia si confronta. Il primo è il bar, uno dei non-luoghi per eccellenza del vivere quotidiano contemporaneo, che però può, proprio per questo, divenire paradossalmente quell'abitazione dalle pareti di vetro vagheggiata dai surrealisti, nella quale poter vivere senza nulla nascondere di sé a chiunque altro; ambiente dunque in cui i sentimenti e le emozioni possono essere messi in scena radicalmente, anche spudoratamente amplificati secondo un canone cui il cinema non a caso ci ha istruiti e allenati.
Qui emergono violentemente la gelosia e la fragilità di Seh-hee, da una parte, di fronte ai comportamenti di Ji-woo nei confronti di altre ragazze che sembrano motivare i suoi peggiori sospetti. Il bar ritornerà nel corso del film, sempre con questa funzione. In particolare, è da sottolineare come Seh-hee, una volta modificate chirurgicamente le sue fattezze, proprio nel bar riavvicini Ji-woo, dopo essersi fatta assumere come cameriera: nello stesso ruolo della ragazza che, in apertura, ha fatto da innesco allo scoppio della sua crisi di gelosia. Seh-hee si propone dunque come "nuovo" oggetto del desiderio all'ignaro Ji-woo sovrapponendosi al (presunto) vecchio, alla ricerca di una sorta di conferma delle motivazioni che l'hanno portata a prendere la decisione di modificarsi.
Il secondo ambiente è (o dovrebbe essere) quello per eccellenza riservato all'intimità degli innamorati: la camera da letto. Si sa che i fantasmi dell'eros sono bizzarri e possono attraversare, imprevedibili e imprendibili, anche il momento dell'unione sessuale tra due amanti, spesso sorprendentemente rafforzando il reciproco desiderio. Sehhee ha però il torto di volerli manovrare, quei fantasmi, come fossero personaggi di una rappresentazione in cui coinvolgere, come un estraneo, proprio Ji-woo, ossia la persona che meno di ogni altra vorrebbe che le fosse estranea. Con l'aggravante di voler poi conoscere quali effetti ha prodotto quella rappresentazione su colui che mai vorrebbe ne fosse il protagonista. La conclusione del cortocircuito emotivo che ne deriva è la velatura magrittiana del proprio volto. Il richiamo a un'immagine ormai consolidata della tradizione artistica contemporanea funge anche da anticipazione narrativa, concentrando l'attenzione di chi guarda sull'elemento che, da quel momento in avanti, diventerà cruciale nell'evolversi della storia: rappresentare l'indeterminatezza delle fattezze non più come sola metafora dell'inafferrabilità del soggetto anche nel momento sublime dell'unione amorosa, ma per alludere parimenti alle concrete possibilità di metamorfosi offerta dalla tecnica chirurgica.
(...) Sintesi di una tale posizione, paradossale solo in apparenza, sono le immagini che ci propongono Seh-hee che indossa sul suo volto trasformato una maschera, ricavata da una fotografia, che riproduce le sue vecchie fattezze. Dunque la sua "vera identità", secondo un'accezione tradizionale ma ormai inutilizzabile. Immagini che non contengono nulla di simbolico, ma piuttosto rimandano metonimicamente a una realtà sociale e culturale di cui ci avviamo probabilmente ad essere testimoni (e chissà in quale misura partecipi) in misura vieppiù profonda. Time utilizza un dato storico e culturale come specchio in cui rifletterlo per distanziarlo in modo da considerarne più freddamente le conseguenti implicazioni relative alla possibile ri-configurazione dei rapporti interindividuali.(...)
Adriano Piccardi, Cineforum n.458. 10/2006

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Kim Ki-duk
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