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Nosferatu il vampiro - Nosferatu, eine Symphonie des Grauens


Regia:Murnau Friedrich Wilhelm

Cast e credits:
Titolo italiano: Nosferatu il vampiro; soggetto: dal romanzo Dracula (1897) di Bram Stoker; sceneggiatura: Henrik Galeen; fotografia: Fritz Arno Wagner; scenografia, costumi: Albin Grau; interpreti: Max Schreck (Conte Orlok, Nosferatu), Greta Schröder (Nina), Gustav von Wangenheim (Jonathan Hutter), Georg Heinrich Schnell (Harding), Alexander Granach (Knock), Max Nemetz (il capitano della nave), Ruth Landshoff (Annie), John Gottowt (il professor Bulwer), Gustav Botz (Sievers, il dottore del manicomio), Wolfgang Heinz (Maat), Albert Venohr (marinaio), Hardy von François (dottore dell’ospedale), Guido Herzfeld (albergatore), Karl Etlinger, Heinrich White; produzione: Prana-Film, GMBh Berlino; distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Germania, 1922; durata: 93'a 18 f/s.
Prima proiezione: 5 marzo 1922. 35mm. L.: 1914 m. Col. Didascalie tedesche / German intertitles da: Friedrich-Wilhelm Murnau-Stiftung

Trama:Scritto da Henrick Galeen che s’ispirò liberamente al romanzo Dracula (1897) di Bram Stoker, cambiando nomi e posti per non pagare i diritti d’autore: dal suo castello nei Carpazi il vampirico conte Orlok, chiuso nel suo sarcofago, si fa trasportare nel 1838 a bordo di una nave al porto di Brema dove si diffonde la peste. Soltanto il volontario sacrificio di una giovane donna (Nina o Ellen, secondo le edizioni) sconfiggerà il vampiro che si lascia sorprendere dalla luce dell’alba.

Critica (1):Nosferatu è stato restaurato nel 2005/06 da Luciano Berriatúa per conto della Friedrich-Wilhelm Murnau-Stiftung. Il restauro si è basato su una copia nitrato imbibita del 1922 con didascalie francesi conservata alla Cinémathèque Française. Le inquadrature mancanti sono state completate con una copia di sicurezza del 1939 conservata al Bundesarchiv-Filmarchiv, prodotta da una copia d’esportazione ceca degli anni Venti. Altre inquadrature sono state prese da una copia nitrato della versione degli anni Trenta, distribuita con il titolo Die Zwölfte Stunde, conservata alla Cinémathèque Française. La maggior parte degli inserti e delle didascalie originali è conservata in una copia safety del 1962 del Bundesarchiv-Filmarchiv, stampata da una copia del 1922. Le didascalie mancanti sono state ricreate sulla base dei caratteri tipografici originali da trickWilk. Sono contrassegnate con F.W.M.S. Il lavoro in laboratorio è stato realizzato da L’Immagine Ritrovata.

Il clima romantico di Nosferatu che rende visibile le forze invisibili e oscure della natura grazie a immagini derivate da Friedrich è, in realtà, un’illustrazione fedele allo spirito del Dracula di Bram Stoker.
Perché Murnau scelse di girare a Lubecca molte scene del film? Forse influì su Murnau la visione inquietante che Edvard Munch trasse dalle facciate di un vecchio negozio di questa città. Munch lavorò a Lubecca fra il 1902 e il 1903.
Quello che è certo è che progettò il film in una dimensione pittorica. (…) Potrà sembrare un po’ esagerato che Murnau abbia fatto ricorso a dei dipinti del suo amico Franz Marc come Weidende Pferde, del 1910, all’epoca conservato nella Lenbach Haus di Monaco, per girare una semplice inquadratura di cavalli in controluce spaventati dalle jene. Ma credo che Murnau abbia desunto un’altra immagine da Marc: le figure dei lupi che ululano nell’oscurità della notte come in Die Wölfe (Balkan Krieg), del 1913. In seguito Murnau sostituì i lupi con delle jene, ma utilizzò le immagini dei cavalli dipinti dal suo amico come risulta chiaramente paragonando l’insolita inquadratura del film con Landschaft mit Pferden, del 1909. Credo che abbia cambiato i lupi in jene per influenza di disegni di Alfred Kubin come la Hyäne, del 1920, che ci mostra la jena come una sorta di vampiro che divora i cadaveri umani nei cimiteri. Un’immagine più impressionante di quella di un lupo. (…) Ma l’influenza plastica più significativa che determinò il carattere del film di Murnau fu l’opera di Kaspar David Friedrich (1774-1840). Fu senza dubbio un’idea di Murnau quella di basarsi sull’opera di Friedrich per poter visualizzare la concezione di Grau e Galeen sulle forze occulte della Natura. (…) Grazie all’opera di questi pittori romantici, Murnau raggiunse un risultato insolito nel cinema. Rendere visibile l’invisibile. Imporre all’inconscio dello spettatore la presenza delle forze oscure della Natura.
Luciano Berriatúa, Los proverbios chinos de F. W. Murnau. Etapa alemana, Filmoteca Española, Madrid 1990

Un nuovo accompagnamento per Nosferatu: l’opera di Heinrich Marschner Der Vampyr
La prima proiezione pubblica di Nosferatu ebbe luogo a Berlino il 5 marzo 1922. In quell’occasione, secondo quanto riportato dalla documentazione giunta fino a noi, l’orchestra che accompagnò il film eseguì, prima dell’inizio della proiezione e dell’apertura del sipario, l’ouverture dell’opera Der Vampyr, composta nel 1826 dal tedesco Heinrich Marschner.
Come spesso accade per le musiche composte durante quella stagione del cinema muto, la partitura originale composta da Hans Erdmann per accompagnare Nosferatu, è purtroppo andata perduta. Ironicamente, le sopravvive un’opera di cento anni più antica, che lo stesso F.W. Murnau aveva scelto come preludio alla sua “Sinfonia degli Orrori”.
Dovendo supplire alla grave perdita della partitura originale composta da Erdmann nel 1922, e dovendo creare una nuova colonna sonora per Nosferatu, ho pensato di cogliere il suggerimento lasciatoci da Murnau e di adattare l’intera partitura per orchestra dell’opera di Marschner, tralasciando volutamente il libretto di Der Vampyr, distante dall’impianto narrativo di Nosferatu o del Dracula di Bram Stoker.
Ho dunque trascritto integralmente l’opera per utilizzarla come materiale sinfonico ‘grezzo’, selezionando e trasformando le scene più efficaci per questo tipo di adattamento, incorporando la parte vocale e ripartendo da zero come per la composizione di una nuova partitura per film. Liberando la musica dai confini del palcoscenico per cui era stata originariamente composta, ho sviluppato e utilizzato liberamente i passaggi che meglio sintetizzano la rara bellezza di Der Vampyr.
Ho trovato particolarmente utile il modello seguito da Schönberg nel suo adattamento dell’opera n.6 di Handel o del concerto per clavicembalo di Matthias Monn, ovvero la creazione di una nuova partitura che mantenga però inalterata la sonorità e le atmosfere dell’opera originale. Nonostante le differenze rispetto all’opera concepita da Marschner, ho dunque tentato di mantenere lo stesso impatto cupo e sinistro che l’autore si era ripromesso di ottenere, ispirato dalla sua grande passione per i vampiri. Persino Richard Wagner, dopo aver assistito alla prima di Der Vampyr nel 1828, scrisse che a suo avviso si trattava di una delle più grandi opere “demoniache” di tutti i tempi.
L’orchestrazione originale è stata mantenuta fedelmente, con l’aggiunta di un organo e un clarinetto basso. L’organico si compone di due ottavini, due flauti, due clarinetti, clarinetto basso, due fagotti, controfagotto, quattro corni, due trombe, tre tromboni, timpani, percussioni, organo e archi.
Timothy Brock
(Scheda a cura della Cineteca di Bologna)

Critica (2):Nosferatu, «una sinfonia dell’orrore» (secondo il sottotitolo tedesco), è il decimo film di Friedrich Wilhelm Murnau (Bielefeld, 28 dicembre 1885 – Santa Barbara, California, 11 marzo 1931), il primo del regista ad avere una risonanza internazionale. Racconta L. Eisner che il nome fu indicato dallo scenografo Albin Grau, cui era accaduto di sentirlo, durante la guerra, da un contadino serbo: in quella lingua «Nosferatu» designa una persona non morta (der Untote, in tedesco). La materia del film deriva da un romanzo di Bram Stoker, che fu ampiamente rimaneggiato da Henrik Galeen (fatto che non evitò alla Prana Film una causa per plagio). Con Nosferatu – uscito a Berlino il 5 marzo 1922 – si apre l’era cinematografica dei vampiri. I film di contenuto ambiguo e complesso stimolano l’interesse critico. Ogni generazione si è soffermata, in modo contraddittorio, su quest’opera di Murnau. Dapprima si individuarono (o si credette di individuare) i precedenti culturali nel romanticismo tedesco (Hoffmann e Novalis sopra tutti), in seguito ci si addentrò nella selva dei simboli di cui il film è intessuto, più tardi (e siamo ai tempi recenti) si impiegarono gli strumenti psicoanalitici. Infine, mentre sullo sfondo restava il quadro di riferimento sociologico tracciato dal Kracauer per tutto il cinema tedesco degli anni Venti, ha preso consistenza l’analisi del «sistema formale» del film secondo gli schemi della semiologia.
È certo che ogni analisi illumina un aspetto reale di Nosferatu, ma nessuna è forse in grado di cogliere in sintesi la molteplicità dei temi e dei segni presenti in questa «sinfonia dell’orrore». Il carattere specifico dell’ambiguità può essere tradotto nei termini (apparentemente) chiari delle fonti culturali, della simbologia, della psicoanalisi, della sociologia e della semiologia, ma ancora attende di essere interpretato in quanto tale, globalmente, come marchio distintivo del film. Accade, alle diverse e sottili analisi, quel che accade a Nosferatu: di dissolversi alla prima luce del sole, senza lasciare tracce. O, meglio, di lasciare tracce troppo labili per poter essere raccolte in una coerente chiave di interpretazione. (…) Le immagini di Murnau hanno qualità sfatta e morbida. Si accumulano in una cadenza serrata, anche quando (come in tutta la prima parte) le inquadrature sono lunghe e distese. Sommandosi le une alle altre creano, per la forza interna del ritmo visivo, il clima raccapricciante di un incubo. E come un incubo, infatti, il film è stato organizzato, soprattutto laddove il «pericolo» insidia – dopo l’arrivo della nave fantasma in porto (inquadrata dal basso, in totale, contro il cielo grigio: allucinante) – la compostezza degli interni borghesi della casa di Hutter, prototipo dell’uomo comune. Un fremito di paura minaccia l’ordine che pareva così stabile e naturale: ordine psichico, ordine sociale, ordine del linguaggio.
L’interpretazione psicoanalitica (che fa di Nosferatu il «doppio» di Hutter: le pulsioni dell’inconscio in conflitto con i divieti del Super‑Io) è accettabile, soprattutto se estesa alla parabola emblematica della donna, attratta e inorridita dall’inconscio: purezza e autodistruzione, Eros e Thanatos inevitabilmente uniti. E non tanto perché in questo si può scorgere (com’è lecito) la traccia della misoginia dell’autore, quanto perché la «lettura» psicoanalitica consente una plausibile messa a fuoco della struttura del film. Nel comporla, Murnau procedette gradualmente dalla massa indistinta dei frammenti visivi alla unità della forma. Per creare la città baltica raccolse inquadrature di strade e di elementi architettonici in luoghi diversi (Lubecca, Wismar, Lauenburg); lo stesso fece per gli ambienti della Transilvania (il castello slovacco di Oravsky, il passo di Vratna, la foresta berlinese di Tegel). La compattezza dell’opera, il senso di unicità ambientale e drammatica che ne deriva, mostrano quanto fosse solido il nucleo intorno a cui il film è cresciuto.
Fernaldo Di Giammatteo, 100 film da salvare, Mondadori, 1978

Critica (3):

Critica (4):
Friedrich Wilhelm Murnau
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