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Pastorale - Pastorali


Regia:Iosseliani Otar

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura
: Otar Iosseliani, Rezo Inanisvili, Otar Mekhrisvili; fotografia: Abesalom Majsuradze; montaggio: Biulia Bezuasvili; scenografia: Vakhtang Rurua; suono: Ekaterina Popova; musica: Tenghiz Bakouradze; costumi: Elena Landia; interpreti: Rezo Carkhalacvili, Lia Tokhadze-Giugheli, Marina Kartsivadze, Tamara Gabarasvili, Nana Iosseliani, Leri Zardiasvili, Nestor Pipia, Xenia Pipia, Mikhail Naneisvili, Nukri Davitacvili, Pavle Kantaria, Baya Matsaberidze; produzione: Gruzija Film - Kartuli filmi; origine: Georgia (Urss), 1976; durata: 98'.

Trama:Un gruppo di cinque giovani musicisti georgiani si trasferisce a Tbilisi in un villaggio di campagna per mettere a punto il proprio repertorio.

Critica (1):Pastorale segna un altro passo in avanti sulla linea fissata dal suo autore: non c'è praticamente "storia" (ma soltanto "pezzi di vita") né personaggio principale (ma soltanto un "testimone" dei vari avvenimenti). L'azione è situata in un piccolo villaggio dove cinque musicisti arrivano dalla città per riposarsi e provare. Abitano in una casa privata dove una ragazza li osserva cominciando a sognare una nuova vita nella quale la musica sia come un simbolo della bellezza e dell'armonia. Attorno ad essi, la comunità nelle sue attività quotidiane: il lavoro, le bevute, la costruzione di una casa, gli espedienti ai margini della legalità per facilitarsi la vita, l'ignoranza reciproca dei contadini e dei cittadini. Quando i musicisti ripartono lasciano alla ragazza, innamorata di uno di loro, un disco che accompagnerà in musica le sue fantasticherie future. Anche in questo film, come nei precedenti, niente di esemplare: uno scorcio sociale che si rivela molto critico semplicemente perché non nasconde niente dei difetti e dei maneggi. La ragazza, testimone quasi muta degli avvenimenti, appare per contrasto come portatrice di un avvenire che potrà essere più puro; più bello. Essa è al centro di una sorta di educazione sentimentale, di un apprendimento della vita che era anche il tema profondo degli altri film di Iosseliani. Ritroviamo in Pastorale anche il tema dei "passeggeri", di coloro che sono di passaggio nel luogo dell'azione (turisti, visitatori), ma che sono anche di passaggio su questa terra, incapaci di radicarsi, di attaccarsi, di dare agli altri la simpatia, l'attenzione, l'amore: "Se si ama la gente, la si arricchisce", dice Iosseliani. Ecco il segreto indiscutibile di questo cineasta: non solo ama i suoi personaggi, ma anche lo spettatore, e, amandolo attraverso i suoi personaggi, lo arricchisce. Per questo ci si sente migliori dopo aver visto i suoi film: se ne esce col cuore pieno d'amore, lo sguardo più pulito, l'animo più aperto. L'opera di questo cineasta è di una coerenza e di una maestria notevoli. L'amore per la vita che egli manifesta trova la sua perfetta espressione cinematografica in questa messa in scena dove l'impressione di "naturalezza" totale è il risultato della più minuziosa elaborazione. In tal senso questi film sono di una grande modernità e non rischiano di invecchiare male. Iosseliani nasconde la sua visione seria della vita e del cinema sotto un'apparenza di disinvoltura e d'improvvisazione, ma questa modestia mi sembra dissimulare un'autentica responsabilità di uomo e di artista.
Marcel Martin La revue du cinéma n. 353, settembre 1980

Critica (2):Pastorale è la rappresentazione discreta e complessa dell'incontro di due culture, di due modi di vita: non vi è svolta alcuna vicenda particolare intorno alla quale sia stato ordinato il racconto. E' un succedersi modulato di annotazioni, di considerazioni, di piccoli incidenti dai quali prende forma il quadro di un'esistenza ancorata a tradizioni secolari, scarsamente interessata al progresso della "civiltà dei consumi", tacitamente legata ad un codice etico che privilegia sommessamente, senza retorica, l'uomo e i suoi giorni, la sua varia operosità, il suo sereno dedicarsi all'esplicazione della propria indole nel rispetto delle scelte altrui: tutto, anche i piccoli screzi fra conoscenti e vicini, viene dimensionato nel clima della bonarietà e dello scherzo, della divertita ripicca. In Pastorale l'immagine è sovrana: la successione delle inquadrature, la concatenazione dei vari brani approdano alla rappresentazione compiuta di un mondo, e la vicenda dei musicisti, la vita del villaggio, servono unicamente per parlare dell'uomo, un essere contento di vivere lontano da devastanti ideologie, un essere ricco di iniziative, teso sempre a conoscere nuove cose, a misurarsi con calma con la realtà, mai avvertita come oscura e ostile.
Achille Frezzato Rivista del cinematografo n. 4, aprile 1982

Critica (3):Matematico, musicista, poeta, cineasta dotato di una certa pigrizia, Otar Iosseliani ha dovuto scegliere fra i suoi diversi talenti e soprattutto fra i diversi piaceri che la natura gli proponeva. "Ho preferito, ci dice, fissare i miei momenti di gaiezza. E' più o meno la sola idea, la sola regola che ispira il suo cinema. Non ha una concezione dell'arte perché non è capace di separarla dalla vita. L'arte tende a restituire la vita fissandola il meno possibile, ed è un elemento di questa, come il chiacchierare, il bere o l'essere innamorati. Il cinema sovietico, che ci appare altrimenti tanto desolante, ci offre con Andrei Tarkovskij e Otar Iosseliani le due personalità più forti e più antitetiche che esistano. Al cineasta severo per il quale arte e vita sono su due piani del tutto diversi, per cui forse la prima ha la funzione di redimere la seconda, si oppone l'artista incurante, così vicino al musicista del film che mentre suona il violoncello, mentre si consacra con fervore al suo lavoro, sorride e fa l'occhiolino a una ragazza, si meraviglia del mondo dove può, fra gli altri piaceri, esercitare la sua arte e fare di questo l'espressione della sua meraviglia.
Emmanuel Carrère Positif n. 236, novembre 1980

Critica (4):Occorreva un bel po' di talento per realizzare questo poema bucolico, in cui la dolcezza del vivere ha la meglio su tutti i temporali e sulle seccature burocratiche. E' il talento di Otar Iosseliani, capace di scegliere un oggetto che diventa esso stesso poesia, un uccello, la ruota del mulino, una corona di fiori. Capace anche di seguire i personaggi negli innumerevoli meandri della loro personale ricerca della felicità. C'è nel suo stile fantasia, iperrealismo e realismo puro e semplice. Il tutto è legato dalla musica da camera, ripresa nell'ultima sequenza dalla violoncellista tornata a Tbilisi con tutti i suoi ricordi. Come i contadini del Caucaso, il regista lavora lentamente e con cura. Fa in media un film ogni cinque anni, prende il tempo che occorre per fissare ogni immagine, e come un musicista ripete la stessa frase centinaia di volte.
Monique Portal Jeune cinéma n. 130, novembre 1980
Otar Iosseliani
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