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Ragazzo con la bicicletta (Il) - Gamin au vélo (Le)


Regia:Dardenne Jean-Pierre, Dardenne Luc

Cast e credits:
Sceneggiatura: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne; fotografia: Alain Marcoen; montaggio: Marie-Hélène Dozo; scenografia: Igor Gabriel; costumi: Maïra Ramedhan-Lévy; interpreti: Cécile de France (Samantha), Thomas Doret (Cyril), Jérémie Renier (Guy Catoul), Fabrizio Rongione (libraio), Egon Di Mateo (Wes), Olivier Gourmet (proprietario del bar); produzione: Jean-Pierre & Luc Dardenne-Denis Freyd e Andrea Occhipinti per Les Films Du Fleuve-Archipel 35-Lucky Red-France 2 Cinéma-Rtbf-Belgacom; distribuzione: Lucky Red; origine: Belgio-Francia-Italia, 2011; durata: 91’.

Trama:Il 12enne Cyril è ossessionato dall'idea di ritrovare suo padre, che lo ha temporaneamente lasciato in un orfanotrofio. L'incontro con Samantha, una parrucchiera che lo accoglie in casa nei fine settimana, potrebbe far ritrovare al ragazzo un poco di quella serenità e calore utili a calmare la sua rabbia...

Critica (1):Dal loro punto di vista, Il ragazzo con la bicicletta è una commedia. E se il film è dei fratelli Dardenne, questa è già una notizia. Sì, proprio loro. Jean-Pierre e Luc Dar­demne, i registi belgi del realismo militante, del cinema impegnato e sociale, della camera a mano e degli attori non professionisti o sconosciuti che, quando vanno al Festival di Cannes, portando i loro film sempre dalla parte dei miserabili, spesso tornano a casa con la Palma d'oro (ben due, per Rosetta e per L'Enfant) o, se va male. con un premio alla sceneggiatura (per Il matrimonio di Lorna).
Ora, definire commedia Il ragazzo con la bicicletta, in concorso quest'anno sulla Croisette (sarà in sala, in Italia, dal 20 maggio), è spararla grossa. Perché Cy­ril, il ragazzino di undici anni protagonista del film (interpretato da Thomas Doret), ha una vita alquanto sciagurata e per niente comica. Lo conosciamo in un istituto, solo, sperduto e parecchio arrabbiato perché il padre (Jérémie Renier, che in L'Enfant vendeva il figlio per sopravvivere) lo ha lasciato lì, scomparendo nel nulla, senza spiegargli nulla o fornirgli un perché. Così Cyril, furioso, comincia a cercarlo, pedalando senza sosta sulla sua bicicletta.
Ma, dicono i fratelli Dardenne, basta osservare l'insolito sole estivo nordico, scelto questa volta per illuminare la banlieue belga dove si muove con ostinazione commovente il ragazzino biondo, per capire che l'aria che tira nel film è meno ostile di quella del passato. «Aria positiva, aria di speranza» ribadiscono i registi. E cominci a capire che se la luce del sole splende su Cyril un motivo in effetti c'è, quando sopraggiunge inaspettata una donna che, buttata lì dal caso, prende il ragazzo con sé e lo salva, anche lei senza chiedersi perché. È Samantha, interpretata da Cécile de France (vista ulti­mamente in Hereafter di Clint Eastwood). A Samantha, che fa la parrucchiera e non la missionaria, basta qualche minuto per decidere di prendere Cyril in affidamento.
Son cose che succedono nelle favole, se non fosse la realtà dei Dardenne che gioca questa volta con l'imprevista ma­gia del quotidiano.
Aria di speranza, dicevate. Era venuto il momento per una storia positiva?
Jean-Pierre: «In un momento in cui i rapporti nella società diventano sempre più duri, dove l'altro è visto come un nemico, dove tutti tendono a ripiegarsi su se stessi, ci sembrava giusto raccontare una storia in cui vince l'amore gratuito di una donna per un ragazzo».
Luc: «È raro trovare una persona come Samantha, in grado di fare un gesto di puro amore. Per questo ci siamo detti: facciamo un film in cui diamo per una volta ragione all'amore, contro la guerra, l'odio, il sospetto, la sfiducia, le rivalità che dominano il nostro quotidiano, facendoci dimenticare il valore della fraternità».
Perché nei vostri film ricorre spesso il rapporto padre figlio? È un modo per riflettere sulla società?
Luc: «Pensi alla scena nel bosco, in cui Cyril cade dall'albero, dopo essere stato in
seguito da un altro ragazzo, che Cyril stesso aveva derubato. II padre dell'inseguitore, che subito interviene, dovrebbe per prima cosa chiamare l'ambulanza. Ma non lo fa, trasmettendo così al figlio un esempio sbagliato. È come se gli dicesse: "La regola dei gioco in questa società è mentire", è insomma salvare se stessi, mettendosi al riparo da un'eventuale accusa e dalla verità».
Non spiegate le ragioni per le quali Samantha prende Cyril in affidamento, né perché il padre biologico si rifiuti di fare il genitore. Come mai?
Jean-Pierre: «Perché per noi è sufficiente che il padre, quando Cyril lo trova, gli dica: "Non voglio, non posso più occuparmi di te". Certo, farfuglia al ragazzo qualche scusa: che la nonna è morta, che la madre non c'è e non si sa nemmeno se ci sia mai stata. Allo stesso modo, ma in positivo, funziona anche per Samantha: lei decide di prendersi cura del ragazzo».
Luc: «Non le volevamo dare ragioni psicologiche, tipo che avesse perso un bambino o che non ne potesse avere. Volevamo che lo spettatore pensasse solo alla generosità di questa donna». (...)
Elena Martelli, Il Venerdì di Repubblica, 29/4/2011

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