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Zabriskie Point - Zabriskie Point


Regia:Antonioni Michelangelo

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Michelangelo Antonioni, Fred Gardner, Sam Shepard, Tonino Guerra, Clara Peploe; fotografia (Panavision, Metrocolor): Alfio Contini; montaggio: Franco Arcalli; scenografia: Dean Tavoularis; musica: Pink Floyd; interpreti: Mark Frechette (Marco) Daria Halprin (Daria), Rod Taylor (l'avvocato), Paul Fix, Bill Garaway, G. D. Spradling, Kathleen Cleaver; produzione: Carlo Ponti per la M.G.M; origine: USA 1969; durata: 110'.

Trama:A Los Angeles, durante uno scontro tra la polizia e un gruppo di contestatori, viene ucciso un agente. Mark, un giovane ritenuto colpevole dell'omicidio, riesce a fuggire a bordo di un aereo da turismo rubato e atterra a Zabriskie Point, la zona più bassa e desolata del deserto californiano. L'incontro con Daria, una giovane segretaria d'azienda che a bordo della sua auto si sta recando a Phoenix per un periodo di vacanza, si traduce ben presto in un'avventura sentimentale. Nel paesaggio spettrale di Zabriskie Point i due giovani trascorrono lunghe ore d'amore; poi giunge il momento di separarsi. Mark fa ritorno a Los Angeles per restituire l'aereo rubato, ma trova ad accoglierlo la polizia che gli spara contro uccidendolo. Daria, che ha appreso per radio la notizia della morte di Mark, nella sua impotente disperazione non può far altro che immaginare la distruzione di tutti i simboli della spietata società nella quale è costretta a vivere.

Critica (1):Per una quindicina d'anni Antonioni è stato col cinema il più sottile, seppure il più disameno, osservatore della crisi in cui si dibatte la borghesia, stretta alla gola dall'angoscia che le procurano l'urto con la Macchina e la impossibilità di controllare un processo socio-economico trasferito dalla storia nelle mani della Massa. Allargando a poco a poco l'analisi dall'Italia al mondo, da una classe all'intera condizione esistenziale, Antonioni raggiunse il fondo del pessimismo con Blow-up, in cui l'uomo contemporaneo per salvarsi, fu invitato ad accettare il gioco della vita come una finzione: la civiltà della immagine, suprema solitudine, lasciava appena lo spazio all'autocommiserazione. Ebbene, con Zabriskie Point oggi Antonioni apre un altro capitolo, che rinnova il suo linguaggio rinfresca la sua ispirazione e lo riaccende di entusiasmo. Spinto dalla passione e dalla serietà di sempre, Antonioni si solleva dall'amara contemplazione d'un paesaggio sentimentale grigio e tedioso, alza gli occhi, si guarda d'intorno e scopre come il lamento universale non sia più motivato: la terra gira storta, ma ha ormai trovato nella polveriera dei giovani un conforto alla desolazione di esistere, una virtù dinamica in cui si esprime, col continuo mutarsi delle prospettive morali, il perenne reinventarsi della vita. Per convincersene Antonioni va negli Stati Uniti, prende dalla strada due giovani inquieti, Mark e Daria, li colloca sullo sfondo d'un'America contraddittoria, che ospita insieme la follia consumistica e i deliri della anarchia, e nel loro breve incontro vede riassunto il drammatico ma fervido destino che aspetta il mondo di domani. Ambedue i giovani sono in rotta col sistema: lei, stanca dell'ambiente in cui vive come segretaria d'un affarista di Los Angeles, è partita in automobile in cerca di solitudine; lui, studente alla deriva, accusato dai compagni rivoluzionari d'individualismo borghese, dopo la morte d'un poliziotto in uno scontro all'Università di Berkeley ha rubato un aereo da turismo e si è diretto verso il deserto. Dopo un pazzo e poetico flirt tra cielo e terra, si prendono per mano e raggiungono Zabriskie Point, la terrazza panoramica affacciata sulla Valle della Morte che si stende fra il Nevada e la California, e qui trovano subito nel gioco e nell'amore il profumo di libertà che andavano cercando. Ma nel rapporto che per brevi ore li lega ci sono accenti nuovi rispetto alla tradizione romantica. Quel loro festoso scherzare e abbracciarsi è un modo di sognare, d'inventare il futuro insieme a tutti coloro che la vecchia società respinge, siano negri siano hippies. È soprattutto la ricerca d'una vittoria sulla nevrosi dell'incomunicabilità, ottenuta sostituendo al mito del dollaro e del benessere privato la
gioia del sentirsi, allacciati gli uni agli altri in armonia con la natura, un deserto ripopolato di frutti e fiori di carne, nati dalla terra e dalla terra consumati. Bruciato dal sole, il loro idillio è finito: spinto dall'amore del rischio, Mark, braccato dai custodi del Potere, si stacca da Daria e torna in volo a Los Angeles. L'aereo, dipinto di fiori, fa appena in tempo a posarsi che subito scatta la morsa del ferro e del cemento: un poliziotto spara, Mark muore sul colpo. Daria, appresa la notizia dalla radio, raggiunge la villa lussuosa in cui i suoi uomini d'affari discutono nuovi piani di speculazione, ma subito se n'allontana. Soltanto immaginarne l'esplosione, in un rogo che trascina in una fantastica danza cosmica tutti gli oggetti prodotti dalla civiltà industriale, la libera dall'incubo. Ecco un'eroina di Antonioni che finalmente sorride. Benché forse dica poco o punto di nuovo Zabriskie Point è un bellissimo film, che trova nell'antica tematica di Antonioni sulla difficoltà del vivere contemporaneo le sue radici polemiche nei confronti d'una società per tanti versi assurda e repressiva (qui il maggior bersaglio è lo spreco e la meccanizzazione), ma le prosciuga e scattiva per collocare la storia di Mark e Daria in uno spazio lirico in cui il senso misterioso della storia prevale sul giudizio sociale e politico, l'ansia di rinascere purgati dall'innocenza, alberi e acqua, sulla cupa violenza della morte. Chi non ha mai risparmiato riserve sul cinema di Antonioni può dire senza sospetto che i critici americani, in questo caso, hanno preso, per miopia contenutistica, un abbaglio solenne. Guidato da un'invenzione visiva che ha del portentoso nel depurare la realtà d'ogni scoria psicologica per restituirla ai suoi valori primitivi, costruito con una sapienza narrativa che, alternando i toni secchi e nervosi a larghe pause meditative, conduce armoniosamente il racconto dai crudi modi documentaristici dell'inizio alla trovata memorabile della chiusa, il film, è quasi tutto persuasivo (unico neo, qualche tempo morto e qualche cedimento nel dialogo), ma addirittura affascinante in quello che è il suo nucleo poetico: le scene d'amore vissute e immaginate nella Valle della Morte viste col silenzioso stupore di chi assiste al miracolo della nascita delle forme dalla polvere. È qui, nel mutuo trapasso dalla realtà al sogno, più che nel simpatizzare con i gruppi radicali della nuova sinistra, che Zabriskie Point esprime la propria vera natura di favola rabbiosa e mesta, e Antonioni rivela, allargando il respiro e sposando la morbidezza alla crudeltà, la piena fioritura d'un ingegno che l'America dei giovani e degli immensi spazi ha aiutato a liberarsi dell'angoscia padana, trasfigurando in malinconia l'irraggiungibile speranza d'un'intesa fra ragione e natura. Se non ci sbagliamo, soltanto oggi, dopo essere stato fra gli autori più significativi del cinema intellettuale, Antonioni acquista piena statura di artista, comunica col grande pubblico. Lo si legga come un ritratto delle minacciose cose d'America, talvolta appena corretto dall'ironia, o come una trepida carezza sul volto di adolescenti disperati come la denuncia della spirale della violenza o il singhiozzo dell'Europa sui propri musei, Zabriskie Point è un film che colpisce con le armi autentiche della poesia. Anche se soltanto gli specialisti sapranno riconoscere nel montaggio il suo segreto, nessuno potrà sottrarsi all'incanto che desta la levità di questo realismo magico, l'alleanza fra la semplicità del simbolo e l'ariosità del segno il rapporto emotivo fra ambiente e personaggi in un panorama che, anche grazie alla fotografia a colori di Alfio Contini, raggiunge nelle scene del deserto la sua massima vetta espressiva su toni grigi, rosa e celeste, la recitazione spontanea dei due sconosciuti esordienti Mark Frechette (un ex falegname) e Daria Halprin, interpreti di se stessi, l'intelligente commento musicale di Pink Floyd. Zabriskie Point è uno dei film più importanti dell'anno. L'unico, insieme al Satyricon di Fellini e a pochi altri che non lasci alcun dubbio sulla vitalità degli autori sul fatto che non c'è crisi per il cinema finché le sue immagini, baciate dalla grazia, ci aiutano non a sfuggire ma a comprendere il mondo in cui viviamo, sia pure a soffrirne i suoi indecifrabili rebus.
Giovanni Grazzini, Gli anni Settanta in cento film, Laterza 1978

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