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Voci nel tempo


Regia:Piavoli Franco

Cast e credits:
Soggetto, Sceneggiatura , fotografia:
Franco Piavoli; collaborazione artistica, costumi: Neria Poli; musica: Ensamble Venance Fortunat, Franco Ghigini, Alfredo Catalani, Johann Pachelbel; montaggio: Franco Piavoli, Giuliana Zamariola (collab.), interpreti: gli abitanti di Castellaro. Produzione: Franco Piavoli, Laura Cafiero e Giannandrea Pecorelli, per Zefiro Film / Immaginazione / Raiuno; distribuzione: Mikado; origine: Italia, 1996; durata: 86'.

Trama:Si susseguono le stagioni della vita. Si comincia con i giochi dell'infanzia, le sorprese e i turbamenti dell'adolescenza, le prime delusioni, i balli, gli amori, il matrimonio e, insieme, l'affiorare negli adulti della nostalgia per la giovinezza che si allontana. Poi la piacevolezza delle sere estive, ma anche la vita solitaria e la televisione come unica compagnia. Quindi l'autunno, con i ragazzi che continuano a giocare e i vecchi che stanno fermi ad ascoltare una voce femminile. Intanto le foglie si staccano dagli alberi e danno il via ad una danza leggera. Il fiume scorre lentamente, e con il nuovo anno ricomincia la vita. Sulla neve e sul lago ghiacciato, bambini corrono e gridano. Sullo sfondo del tramonto, padre e figlio osservano.

Critica (1):"Svegliateci quando finisce!". Cercava l'applauso quel festivaliero maleducato, ma nemmeno un'alleato ha trovato nella folla che ieri mattina s'è ritrovata a vedere Voci nel Tempo, in Sala Grande. Il titolo può risultare fuorviante. Perché le voci che ascoltiamo, rumori di fondo, fonie indistinte si perdono nella struttura "stagionale", scelta dal regista del Pianeta azzurro per raccontare il ciclo biologico in forma di cinema. Piavoli fa film anti-narrativi, personali, contrappuntati da un ritmo che non è quello "mordi e fuggi" del cinema ritagliato sull'attualità. Per questo fa ancor più piacere notare che, a parte qualche defezione iniziale, il pubblico sia rimasto seduto fino alla fine, progressivamente catturato dall'incessante "fluire delle cose" (per usare le parole di Piavoli). Giustamente fiera di aver contribuito alla riuscita del film, la popolazione di Castellaro ha inviato alla Mostra, una folta rappresentanza di cittadini che, al termine della proiezione, s'è riunita sul palco attorno al regista e ai produttori Laura Cafiero e Giannandrea Pecorelli. E un film sulle stagioni della vita, dice il regista. Il quale, per l'occasione, ha indossato l'immaginario camice di un umanissimo entomologo impegnato a scrutare il passare del tempo in un paesino del Mantovano, che è poi l'Italia intera. L'idea è semplice, ma efficace: raccontare la vita, dalla nascita alla morte, di un personaggio "corale", sintonizzato sullo scorrere delle stagioni. All'incrocio tra fascinazione naturalista e indagine antropologica, Voci nel tempo, sceglie sin dall'inizio, una narrazione che non ammettte scorciatoie. Il bambino appena nato che vediamo in fasce, è un po' tutti i ragazzini che vediamo crescere e giocare, prima di trasformarsi in adolescenti, già scossi dai primi turbamenti ormonali e sentimentali. Stati d'animo elementari (la paura del bambino rinchiuso al buio e per punizione) e riti collettivi (i motorini rombano in circolo attorno alla fontana popolata di ragazzine) si alternano sulla tavolozza di Piavoli, seguendo un filo logico che è quello della vita. Ci sono pagine di intensa bellezza in questo film. Basterebbe la sequenza del ballo tra adolescenti, lunga e sensuale, con la cinepresa che cattura la fisicità allusiva di quella scatenata ragazza in minigonna: impossibile distogliere lo sguardo dal suo corpo gioiosamente esibito, proprio come accade al di qua e al di la dello schermo. E che dire, di quel ragazzo in carrozzella, di quel contadino dalla nuca rugosa, di quell'uomo con l'occhio di vetro, di quella donna che al banchetto di nozze rivede se stessa da giovane, di quel vecchio che sale faticosamente le scale, ansimante e prossimo alla morte? "L'amore fa passare il tempo e il tempo fa passare l'amore", sentiamo dire da una voce persa nel tempo. Ma non si esce tristi dal film di Piavoli, semmai più pronti a godere la vita giorno per giorno, senza più temere quel traghettatore nella nebbia, che vediamo remare in sottofinale. Un Caronte per amico.
Michele Anselmi, L'Unità, 4 settembre 1996.

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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