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Avventure acquatiche di Steve Zissou (Le) - Life Aquatic With Steve Zissou (The)


Regia:Anderson Wes

Cast e credits:
Soggetto: Wes Anderson, Noah Baumbach; fotografia: Robert D.Yeoman; musiche: Mark Mothersbaugh - Canzoni di David Bowie, interpretate e adattate in portoghese da Seu Jorge - la canzone "Staralfur" è di Sigur Ros; montaggio: Daniel R. Padgett, David Moritz; scenografia: Mark Friedberg; costumi: Milena Canonero; effetti: Renato Agostani, Daniel Acon, Gary Matter Fx; interpreti: Bill Murray (Steve Zissou), Cate Blanchett (Jane Winslett-Richardson), Owen Wilson (Ned Plimpton), Anjelica Huston (Eleanor Zissou), Willem Dafoe (Klaus Daimler), Jeff Goldblum (Alistair Hennessey), Michael Gambon (Oseary Drakoulias), Noah Taylor (Vladimir Wolodarsky), Bud Cort (Bill Ubell), Seu Jorge (Pele' Dos Santos), Robyn Cohen (Anne-Marie Sakowitz), Waris Ahluwalia (Vikram Ray); produzione: Wes Anderson, Barry Mendel, Scott Rudin e Enzo Sisti per Touchstone Pictures-Scott Rudin Productions-American Empirical Pictures-Life Aquatic; distribuzione: Buena Vista International Italia (2005); origine: Usa, 2004; durata: 118'.

Trama:Con l'obiettivo di vendicare il suo compagno, ucciso da uno squalo, Steve Zissou, raccoglie una bizzarra compagnia: sua moglie Eleonor, la giornalista Jane Winslett-Richardson e Ned Plimpton, un uomo che potrebbe essere, ma anche non essere, suo figlio. Nel cast ritroviamo: Bill Murray, Angelica Huston, Owen Wilson... Grande attenzione viene prestata anche alla colonna sonora da collezione.

Critica (1):Acqua, ovvero avventura, ovvero apocalisse. Una tragedia fiabesca s'inabissa, come un batiscafo, in una love story cinefila, alla maniera degli anni 60. Clima I 7 uomini d'oro. Il texano Wes Anderson, nichilista delicato (Rushmore, Tenenbaums) questa volta firma un'opera meno claustrofobica, anzi sorprendentemente solare. Le avventure acquatiche di Steve Zissou, storia di una vendetta marina, protagonista un Achab filmaker, un po' più triste, dei tempi nostri. È Bill Murray, disincantato, stanco, ma determinato, anche nell'allungare le mani con le donne. Uno squalo giaguaro, gigantesco, gli uccise l'amico. E lui non riuscì nemmeno a inquadrarlo, quel gigante degli oceani, perché, nella foga, gli si ruppe la cinepresa. Dopo il film, ovvio, un fiasco, e quella tragedia indelebile, l'oceanografo-regista degli abissi, con il suo gruppo multietnico di eccentrici dell'avventura (il silezioso dottore russo Noah Taylor; Bud Cort, il ragazzino necrofilo di Harold & Maude; il suo vice tedesco Willem Dafoe...), che assomiglia molto di più a un set di John Huston che all'equipe di Piero Angela, lascia una scettica Roma. E va a cercare il mostro assassino per i sette mari, cioé lascia Cinecittà per Ravello e Ponza, E la nave va per L'avventura, con il panfilo-biblioteca-laboratorio di pre e post-produzione. Questo novello Jacques Cousteau, sfidando un concorrente tecnologico e finanziariamente più solido (Jeff Goldblum), l'assenza di budget, i feroci pirati delle Filippine, e la presenza inquietante di una reporter ingombrante e incinta come Cate Blanchett, di un figlio-forse-figlio manifestatosi dal nulla (Owen Wilson, abituale cosceneggiatore, qui no), di un cane fedele a tre zampe, di un hotel sperduto nel pacifico, di una moglie ingombrante, ricca ma diffidente (Anjelica Huston), porta il suo gruppo, dalle divise bianco-azzurre ideate da Milena Canonero, e dalle mute grigio-nere, come fossero uomini dello spazio di Antonio Margheriti, alla sopravvivenza e alla vittoria: cattureranno, con le immagini, il loro storico nemico. Il film di Wes, non di Bill/Zissou, potrà anche non "funzionare" fino a quel momento (al box office Usa non ha funzionato) nel rapporto emozione/pop corn, ma dopo lascia a bocca aperta... "Armeno" per ricamo di scrittura (di Noah Baumbach), bizantino nell'umorismo, sorprendente nella colonna sonora che rende acustico e carioca il glam rock di David Bowie, merito di "Pelè", ovvero del cantante brasiliano Seu Jorge, dal decor provocatorio e godardiano, come L'idolo delle donne di Jerry Lewis, quando eliminava - delirio del voyeur - le pareti delle camere delle ragazze (come qui si "apre" l'interno del piroscafo), approssimativo e demenziale, ma, sempre come avveniva nel Ciarlatano di Jerry Lewis, quando si passava alle scene d'azione, il film ha un finale incantato, stupito, senza parole, con quegli effetti speciali dei pesci giganti o "elettrici" che danno la chiave di tutto il film che abbiamo visto, non senza un certo spaesamento, fino a quel punto. Il segreto? Anderson è riuscito a travestire da esseri umani i cartoni animati, come se Disney e Miyazaki avessero trovato i muscoli, la carne e il sangue adatti per incarnare i loro esseri-non esseri di carta in cerca di animazione(aria-terra-acqua) a tutto tondo. Nel cinema "più che parlato", così demodé, il texano Wes Anderson è un asso come Kusturica, di cui condivide la passione per l'immaginario urlato, stipato, di gruppo, radiante, e pessimista sullo stato delle cose (il volto disfatto di Bill Murray, non fosse che per il filo di grinta dato da un alcoolismo metafisico, degno di C. W. Fields, ne è la sintesi perfetta). Ma il film cerca di far riemergere anche l'infantile agguerrito nell'adulto fragile. È interno ai generi hollywoodiani questo, come al clima "nuova onda" ceca quello. E intrattiene contatti intimi con il patrimonio iconografico del passato, convincendoci che cinema è avventura antinaturalista, un'apertura acustica alle fessure delle cose e ai suoni che saltano all'occhio. Guarda, Anderson, più alla grande commedia triste e seria, da Yellow Submarine a Fields e a Lewis di cui saccheggia quasi tutto: il tono, la prensilità dello sguardo, le scenografie di The Ladie's man, il gusto per i colori assoluti e timbrici, da technicolor anni `60, la passione per l'avventura assurda (Il Ciarlatano) e per il più infinitesimale dettaglio nel gesto "slabbrato e per un momento sfocato", nel dialogo, nella sottolineatura di un oggetto o di un suono fuori campo. Dedicato a Cousteau, e ai suoi viaggi negli abissi, di Verne incorpora Ventimila leghe sotto i mari, versione Meliès e Fleischer, e di Huston, oltre a Anjelica, la disperazione, racchiusa nelle imprese umane senza senso, ma che sa sorridere della bellezza e della sofferenza del mondo.
Roberto Silvestri, Il Manifesto, 4/3/2005

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Wes Anderson
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