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Aspettando la notte - End of the Night


Regia:McNally Keith

Cast e credits:
Sceneggiatura: Keith McNally; fotografia: Tom Di Cillo; musica: Jürgen Knieper; montaggio: Ila von Hasperg; interpreti: Eric Mitchell (Joe Belinsky), Audrey Matzsn (Mary Belinsky), Nathalie Devaux (la ragazza francese), Darroch Greer (Tom), Sam Bress (Steiner), Mark Mikesell (Willie); produzione: Absentia; distribuzione: Academy; origine: USA, 1990; durata: 108'.

Trama:Joe sta per diventare padre; la cosa lo spaventa e lo angoscia a tal punto da portarlo a fuggire di casa abbandonando la moglie incinta, perdere il lavoro, aggirarsi nelle notti newyorkesi sempre più allo sbando attratto da una bruna la cui sparizione diventa per lui una nuova ossessione. Bella fotografia in bianco e nero di Tom Di Cillo; le musiche sono di Jurgen Knieper, già collaboratore di Wenders.

Critica (1):«Ho scelto di debuttare con questo film perché sono sposato e ho tre figli. Ogni volta che mia moglie restava incinta cresceva sempre più dentro di me la sensazione di venire relegato nell'oblio».
Così ha detto ieri Keith McNally, inglese 39 anni, applaudito alla "Settimana della critica" dell'ultimo Festival di Cannes per il film Aspettando la notte, che adesso viene a presentare in Italia. Paese, il nostro, che - commercialmente parlando - terrà a battesimo il film, non ancora uscito altrove. I francesi e gli spagnoli lo vedranno tra qualche mese. Quando agli americani, pur battendo il film bandiera statunitense, non si sa: McNally cerca ancora un distributore, e del resto può attendere perché Aspettando la notte è costato appena 650mila dollari, un decimo del più modesto film americano. McNally dimostra il nativo humour quando racconta le origini sue e del film "Facevo l'attore in Inghilterra. Poi, dieci anni fa, decisi di cercare fortuna in America. Realizzai così alcuni documentari che fecero fiasco, e allora accettai di lavorare come cameriere in un ristorante, dove ho incontrato mia moglie che, in attesa di esplodere come pittrice, faceva anche lei la cameriera. Sposati, abbiamo deciso di metterci in proprio e abbiamo aperto una Caffetteria che è andata a gonfie vele: il nostro primo successo. Con i guadagni, con qualche prestito e ipotecando la casa ho prodotto Aspettando la notte. Adesso, con mia moglie e i miei tre figli, viviamo a Parigi: la Caffetteria la gestiamo via fax". Torniamo al film, tipicamente "off Hollywood". È la storia di un impiegato newyorkese che, quando la moglie resta incinta, scappa di casa e lascia il lavoro. È oppresso dagli interrogativi sulla propria esistenza, dalla paura che la paternità avvicini alla morte. Niente di più autobiografico, come si vede. "Ma - sostiene McNally - il problema del rifiuto della paternità non è solo nel personaggio: ho parlato con psicologi, con gente comune; molti soffrono di questa nevrosi, che spesso diventa sindrome". Poi il film diventa di pura fantasia. Il marito fuggiasco, vagando in una New York quasi sempre notturna e fotografata in bianco e nero, comincia ad inseguire una sconosciuta, spinto da una irresistibile attrazione erotica. Per un po' la ragazza gli sfugge, ma poi gli concede, una sola volta, decisa a non incontrarlo mai più. Invece il giovanotto ricomincia a cercarla, crede di riconoscerla in un'altra donna che le somiglia molto e tenta un approccio. Ma questa, temendo di essersi imbattuta in uno stupratore, lo uccide. E poiché McNally annuncia che il suo secondo film avrà per tema la "sindrome di Stoccolma", cioè l'attrazione che la vittima prova per il proprio carnefice, gli chiediamo se il protagonista di Aspettando la notte non sia anche lui in cerca di qualcosa che lo attragga e lo uccida. "Proprio così - risponde soavemente il giovane regista - il significato simbolico di Aspettando la notte è questo. Del resto, nella vita reale io ho rimosso il problema di essere padre, adoro i miei tre bambini e non vedo l'ora di tornare da loro a Parigi". Singolare e talentuoso cineasta, questo McNally. Dice: "non mi piacciono i film consolatori hollywoodiani", e sembra in effetti ancora a caccia di difficoltà nel lavoro. Per la sindrome di Stoccolma, ambientata a Berlino, non ha ancora un produttore, forse sarebbe interessata una società francese, ma lui è sicuro di cominciare le riprese a primavera. Ha il copione pronto, gli attori li troverà tra i giovani talenti poco conosciuti, come per Aspettando la notte. "Però stavolta girerò a colori - rassicura - anche se sarà un colore che sembra bianco e nero".
Fabio Rinaudo in Il Resto del Carlino, 22/11/90

Critica (2):

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Critica (4):
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