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Essere Lucy


Regia:Romano Gabriella

Cast e credits:
Direttore della fotografia: Ernaldo Data & Marco Mensa; montatore: Ernaldo Data; distribuzione: Vitagraph; Italia: 2011; durata: 60’.

Trama:Lucy può narrare parte del ventesimo secolo da un punto di vista decisamente inascoltato: il suo racconto è unico nel suo genere, la preziosa testimonianza di una transessuale che ha vissuto i momenti più drammatici e dolorosi del Novecento, come la guerra, il campo di concentramento e la condizione degli omosessuali durante il fascismo in Italia.

Critica (1):"Lì dove hanno tentato di distruggermi, ho vissuto sei mesi di fame, sacrifici e disperazione"

Diretto dalla scrittrice, giornalista e film-maker indipendente Gabriella Romano, Essere Lucy ripercorre una straordinaria e toccante vicenda umana che si intreccia con gli eventi cruciali della storia del XX secolo. Luciano, classe 1924, ha vissuto sulla propria pelle di "diverso" l'ipocrisia della morale e della propaganda fascista durante gli anni Venti, nel suo paese d’origine in Piemonte. Poi c'è stato il trasferimento a Bologna, e gli anni Trenta passati tra i primi amori adolescenziali e le amicizie omosessuali. Un periodo felice interrotto dall'arrivo della guerra e la chiamata alle armi nel 1943. Presto disertore, viene scoperto e mandato al campo di concentramento di Dachau, dove resterà fino alla liberazione, nel 1945. Poi il difficile ritorno in Italia, gli anni vissuti tra Roma e Torino, il passaggio dal rigido moralismo degli anni Cinquanta al (cauto) libertarismo degli anni Sessanta. Luciano, ormai Lucy, nella capitale piemontese frequenta il giro dei trans, e tra festini, droga e arresti arrivano gli anni Ottanta. Fino a quando il padre si ammala, e Lucy assisterà fino alla morte quell'uomo che lo aveva rifiutato e costretto ad andarsene da casa.
vitagraph.it

Critica (2):Già autrice del bel libro “Il mio nome è Lucy. L’Italia del XX secolo nei ricordi di una transessuale” (Donzelli, 2009), Gabriella Romano, la versatile scrittrice e regista torinese sempre attenta a miscelare storia ed attualità sociali, ha di recente firmato il documentario Essere Lucy – presentato al Queer Cinema & Future Arts Festival presso il Nuovo Cinema Aquila di Roma – ritratto di una transessuale piemontese sopravvissuto al campo di concentramento di Dachau, tra immagini di repertorio e testimonianze dirette. “Questo documentario – afferma la regista, presente alla proiezione insieme a Lucy, la protagonista oggi 86enne – è un monumento alla mia testardaggine, date le enormi difficoltà produttive che si incontrano di questi tempi per finanziare i documentari e gli altissimi costi delle immagini di repertorio. Mi sembrava importante raccontare questa storia, la vita difficile ed intensa di Lucy, nata negli anni Venti, dalla sua diserzione dall’esercito alla deportazione a Dachau, agli anni del Dopoguerra, fino all’operazione per cambiare sesso ed ai giorni nostri. Nonostante tutto, Lucy ha sempre mantenuto un approccio gaudente ed aperto alla vita”.
Il suo nome all’anagrafe è Luciano ma, da sempre, il giovane è consapevole delle sue propensioni e vive sulla sua pelle i pregiudizi e le ipocrisie di certa parte della società: chiamato alle armi, diserta e sfugge ad un primo campo di concentramento attraverso incredibili peripezie, finché, riacciuffato, verrà portato a Dachau. In alcune immagini molto toccanti del documentario, la regista accompagna Lucy al campo, in occasione di una celebrazione fatta in onore dei sopravvissuti. “Ricordo la fame che si soffriva a Dachau – afferma Lucy – che ottenebrava qualsiasi altro pensiero, i lavori forzati ed il giorno che i nazisti ci hanno sparato addosso perché stavano arrivando gli americani. Tornare lì, dopo tutti questi anni, mi ha provocato un’emozione fortissima”.
Dopo la guerra Luciano, che a poco a poco diventerà Lucy, si rifugia a Bologna dalla famiglia, ma il padre e soprattutto i fratelli non vogliono accoglierlo, temendo che il loro nome venga accostato alla vita omosessuale. Inventandosi mille lavori diversi, dal cabarettista di varietà, al tappezziere, all’arredatore, finanche all’artista di circo, Lucy, tra gli anni Cinquanta e Settanta, mantiene vivo il contatto con il mondo omosessuale e transessuale europeo dei festini e dei locali notturni, per lungo tempo clandestino e poi sempre più ‘libero’.
“Di giorno lavoravo e di notte frequentavo i locali trans – continua Lucy – andavo spesso anche a Parigi, dove c’erano delle feste stupende, finché negli anni Ottanta ho deciso di operarmi a Londra, perché a Casablanca non mi sembrava tanto sicuro. Quando ero Torino il padrone di casa mi ha cacciato e sono andata a vivere a Bologna, dove ho avuto amanti, amori e ‘figli’ adottivi”.
Dunque, senza orpelli, il ritratto di una vita singola diventa simbolo di tante vite vissute nel corso di quasi un secolo, tra battaglie individuali e lotte comuni: “Prima della guerra l’omosessualità era vissuta in modo più individuale – conclude la regista – e si faceva fatica a pensare in termini di coscienza collettiva, come poi è avvenuto grazie ai movimenti sorti a partire dagli anni Sessanta e Settanta”.
Elisabetta Colla, taxidrivers.it

Critica (3):

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