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Infanzia di un capo (L') - Childhood of a Leader (The)


Regia:Corbet Brady

Cast e credits:
Soggetto: liberamente ispirato a un racconto di Jean-Paul Sartre e al romanzo "Il mago" di John Fowles; sceneggiatura: Brady Corbet, Mona Fastvold, Caroline Boulton; fotografia: Lol Crawley, musiche: Scott Walker, montaggio: Dávid Jancsó; scenografia: Jean-Vincent Puzos; arredamento: Panni Lutter; costumi: Andrea Flesch; effetti: Carine Gillet; interpreti: Robert Pattinson (Charles Marker), Stacy Martin (insegnante di francese), Bérénice Bejo (madre), Liam Cunningham (padre), Tom Sweet (Prescott), Yolande Moreau (governante), Sophie Curtis (Laura), Rebecca Dayan (Edith), Caroline Boulton (segretaria), Jaques Boudet (prete), Michael Epp (economista), Mark Phelan (Mr. Advisor), Jeremy Wheeler (Mr. Deputy), Andrew Osterreicher (Mr. Secretary), Scott A. Young (consigliere), Blanka Gyorfy-Toth (narratrice); produzione: Chris Coen, Ron Curtis, Antoine De Clermont-Tonnerre, Helena Danielsson, Istvan Major per Bron Capital Partners And Crystal Wealth-Unanimous Entertainmet-Mact Productions,-Filmteam Kft, in associazione con Scope Pictures-Studio L'equipe; distribuzione: Fil Rouge Media ; origine: Belgio-Usa-Canada-Francia-Ungheria-Gran Bretagna-Svezia, 2015; durata: 113'.

Trama:Il film racconta, in quattro atti, la vita del piccolo Prescott nella villa vicino a Parigi dov'è alloggiato con i suoi genitori. Il papà, consigliere del presidente americano Wilson, lavora alle stressanti trattative di definizione di quello che diventerà il famigerato trattato di Versailles, appena dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. La formazione del carattere di Prescott è segnata da una precoce tensione intellettuale e da frequenti scatti d'ira, che portano inevitabilmente alla continua ridefinizione degli equilibri di potere familiare. Fra le storture e le ipocrisie sociali che avvelenano una coscienza al suo nascere e la preparano ad una sorte colpevole, si consuma lo scontro tra lo sterile e vigliacco mondo maschile dei diplomatici, e dell'ambiguo amico di famiglia Charles Marker, e quello femminile, al contrario vitale e vibrante, che circonda il bambino con le tre profondamente diverse figure di donna che gestiscono la sua vita: l'austera e religiosa mamma, la dolce governante e la fragile insegnante di francese. In quella che è una lampante e allo stesso delicata simbologia del male del fascismo che di lì a poco infetterà l'Europa, la consapevolezza auto-affettiva di Prescott si addensa inesorabilmente nel nichilismo del primo dopoguerra, che alzerà appunto il sipario alle tirannie del Ventesimo Secolo.

Critica (1):L'esordio alla regia dell'attore americano Brady Corbet (visto in Melancholia, Funny Games, Forza maggiore) è un lavoro talmente straniante da dover riposare nell’anima e nell’inconscio dello spettatore, ingenua vittima di un lavoro tanto unico quanto profondo. Il film, ambientato nel 1919, alla fine della Grande Guerra, è suddiviso in quattro parti, chiamate allegoricamente “tantrum”, e racconta la solitaria infanzia di Prescott (un bravissimo Tom Sweet) bambino cresciuto in una gigantesca tenuta nella campagna francese, dove vive con la madre (Bérénice Bejo), fervida cattolica, e il padre (Liam Cunningham), importante diplomatico del gabinetto Wilson, intento a redigere il lacunoso e infausto Trattato di Versailles.
Sin dalle primissime scene capiamo che L'infanzia di un capo, liberamente ispirato al racconto Infanzia di un capo del filosofo Jean-Paul Sartre, non è un film che ama farsi guardare né tantomeno piacere: è un lavoro che vuole scuotere le viscere dello spettatore, catapultandolo nell’immaginario ideologico del primissimo dopoguerra, in cui la Storia partoriva solo cadaveri, rancori e futuri tiranni.
In questo senso, la pellicola riflette le emozioni che caratterizzarono il XX secolo, incanalandole negli scatti d’ira del giovane protagonista: egli non è solo testimone degli eventi ma è metafisicamente legato a essi, in un connubio insano di rabbia, odio, rancore, che si rivelerà particolarmente dannoso per gli eventi futuri, quando il bambino diverrà, in uno dei finali più criptici degli ultimi anni, un seguitissimo e osannato leader.
L’ambizione di Corbet, però, è da ricercarsi soprattutto nell’estrema manipolazione dell’immagine cinematografica che smette di essere una sterile simulazione del reale, divenendo parte della Storia e dell’emotività stessa del protagonista. Vorticosi movimenti di camera, bruschi stacchi e schizofreniche carrellate orizzontali, oltre a produrre un totale effetto disorientante nell’osservatore, sono i principali elementi utilizzati per trasporre visivamente la perturbante emotività del piccolo Prescott, metonimia del disagio di un’intera civiltà appena uscita da un conflitto, ma pronta a gettarsi nuovamente nelle braccia dell’autodistruzione.
A conferma dell’impeccabilità tecnica dell’intero lavoro si erige una fotografia eccezionale, in grado di farci respirare la decadenza del podere nel quale vivono i personaggi, ricreando un’atmosfera a metà strada tra i quadri barocchi di Velázquez e l’abissale profondità di Goya, il tutto accompagnato da una colonna sonora noise e tonitruante del compositore statunitense Scott Walker.
Lontano dalla rivoluzione del digitale, che riesce ad immergerci in uno spazio-tempo talmente patinato e perfetto da rendere immacolata la realtà, il 35mm di Corbet rompe gli schemi grazie a un lavoro visionario e avanguardistico, gettando una fioca luce sui fantasmi del nostro passato attraverso un’immagine sporca, materica, che emerge a fiotti dalla cinepresa e trasforma una semplice proiezione cinematografica in un’esperienza sensoriale, organica, epidermica, destinata a rimanere a lungo incompresa.
Alessandro Lanfranchi, Cineforum.it, 28/6/2017

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Critica (3):

Critica (4):
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