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Dangerous Method (A) - Dangerous Method (A)


Regia:Cronenberg David

Cast e credits:
Soggetto: dal romanzo di John Kerr e dalla pièce teatrale di Christopher Hampton; sceneggiatura: Christopher Hampton; fotografia: Peter Suschitzky; musiche: Howard Shore; montaggio: Ronald Sanders; scenografia: James McAteer; arredamento: Gernot Thöndel; costumi: Denise Cronenberg; effetti: Mr. X Inc.; interpreti: Viggo Mortensen (Sigmund Freud), Keira Knightley (Sabina Spielrein), Michael Fassbender (Carl Jung), Vincent Cassel (Otto Gross), Sarah Gadon (Emma Jung), André Hennicke (Professor Eugen Bleuler), Katharina Palm (Martha Freud), Andrea Magro (Jean Martin Freud), Arndt Schwering-Sohnrey (Sandor Ferenczi), Wladimir Matuchin (Nicolai Spielrein), Jost Grix (Leonhard Seif ), Severin von Hoensbroech (Johan van Ophuijsen), Torsten Knippertz (Ernest Jones), Dirk S. Greis (Franz Riklin), Julia Mack (Mathilda Freud), Aaron Keller (Oliver Freud); produzione: Lago Film-Prospero Pictures-Recorded Picture Company (Rpc)-Millbrook Pictures; distribuzione: Bim; origine: Gran Bretagna-Germania-Canada-Francia-Irlanda, 2011; durata: 99’.

Trama:Primi del 1900, tra Zurigo e Vienna: in quel tempo e in quei luoghi si sviluppa il complesso rapporto tra i padri della psicanalisi, Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, e la difficile relazione di entrambi con la paziente Sabina Spielrein, una ragazza russa di cultura elevata cui è stata diagnosticata una grave isteria aggressiva. Sabina è una paziente di Jung che, per curarla, decide di adottare la 'terapia delle parole' - il trattamento sperimentale di Freud - attraverso cui emerge un'infanzia segnata da umiliazioni e maltrattamenti da parte della figura paterna, così come un complicato rapporto tra sessualità e disordini di carattere emotivo. Con il passare degli anni, nonostante tra le teorie di Freud e Jung siano nate ampie divergenze, Sabina sarà curata con successo e diventerà lei stessa psichiatra. Tuttavia, la sua esistenza sarà comunque segnata dalla relazione con Jung. Con lui, infatti, nascerà anche un sentimento che andrà ben oltre il rapporto medico/paziente.

Critica (1):Va detto subito: voto 5. Un grande Cronenberg. Un film furente, rabbioso e incandescente avvolto in una forma controllata, sprofondato dentro un ambiente rigido, fatto su in una confezione perfettamente ingannevole. C’è da aprire la porta, le porte, i cancelli, i portoni all’esplorazione del vulcano. C’è da portare la peste in giro per il mondo (come dice Freud quando vanno in America). C’è da insinuare il dubbio dentro l’unicità del soggetto. C’è da far scorrer fuori sogni desideri piaceri libido perversioni sessualità nevrosi. E l’eruzione avviene dentro un orizzonte sociale e culturale chiuso, rinserrato, impaurito, modellato – come le perfette scenografie del film – secondo uno stile immobile, decente, bloccato, crudele. Cronenberg fa un film in costume e un film di costumi (sociali, mentali) per mostrare ciò che bolle là sotto, ciò che farà saltare in aria tutto quel mondo impettito e sicuro di sé, in realtà orribile e mortifero (c’è anche una guerra in arrivo). La paziente Sabina Spielrein (Kira Knightley, debole, ossessa, dolce, dura, urlante, sculacciata, frustata, luminosa) porta il suo infernale rapporto con il padre dentro la clinica del dottor Jung (Michael Fassbender, professionale, indeciso, partecipe, travolto, innamorato, sprofondato, sculacciatore, marito, amante, passionale: “Solo un medico ferito può guarire il paziente”). Jung la salva e sprofonda lui stesso dentro di lei, nell’abisso dolcissimo e tormentato di una relazione in cui carne dolore piacere (c’è tutto Cronenberg qui…) non lasciano scampo ma fanno finalmente vivere. Freud, molto più cauto, è anche molto più povero di Jung che in nave sta in prima classe. Il film è la storia di una passione, di tante passioni e di un infuocato scontro a tre, fatto di rivelazioni, incontri, lettere, lontananze, amplessi e distacchi. È come se Cronenberg rendesse omaggio a chi ha cominciato, un po’ più di cent’anni fa, quel lavoro infinito che lui ha messo in tanti suoi film. Rende omaggio a chi gli ha aperto la porta: soprattutto a Sabina Spielrein che ha fracassato con il suo dolore e con il suo piacere il muro del silenzio. Dice Jung alla fine: “L’amore per te mi ha fatto capire chi sono”. A suo rischio e pericolo. E ancora: “Talvolta bisogna compiere qualcosa di imperdonabile per continuare a vivere”. Gran film sull’imparare a vivere per come si è. Il voto nel frattempo è già aumentato: 5 e lode.
Bruno Fornara, 2/9/2011

Critica (2):(...) In realtà, vedendo A Dangerous Method ci è venuto il forte sospetto che non si tratti, sotto sotto, di un film sulla psicoanalisi, bensì di un ritratto delle lotte di potere che possono nascere all'interno di un mondo accademico, o di qualsiasi ambiente dove le questioni di ego si confrontino da un lato con una tormentata creatività, dall'altro con la gestione di enormi somme di denaro. E se que­sta vi sembra una plausibile descri­zione del mondo del cinema, forse non avete torto. La verità è che, all'inizio del Novecento, Freud era una star e Jung ambiva a diventarlo. Quando prende in cura la Spielrein, Jung – almeno nel film – intuisce subito il suo enorme poten­ziale, sia come paziente sia come futura studiosa. La sceneggiatura di Christopher Hampton suggerisce che la giovane diventi in qualche modo il «terreno di scontro» tra il padre della psicoanalisi e il suo giovane rivale: una lettura, nemmeno tanto sotterranea, del film è il modo disinvolto con il quale Freud e Jung interagiscono con l'universo femminile, cornificando abbondantemente le proprie donne e spesso sfruttandone le intuizioni. Non a caso il personaggio di gran lunga più bello ed emozionante è quello della moglie di Jung, Emma, interpretata dalla splendida attrice canadese Sarah Gadon, che finora ha fatto quasi esclusivamente televisione. Emma resta sullo sfondo, ma Hampton e Cronenberg lasciano intuire che ella tutto sappia e tutto capisca, fin dal primo incontro fra Jung e la Spielrein, e abbia dell'animo umano un'istintiva com­prensione assai più profonda di quella del marito.
Lettura intrigante, lo ammetterete: Freud e Jung come maschi immaturi e competitivi, geniali ma pronti a rubarsi le idee (e le ricche sovven­zioni) giocando sulla pelle di amici, colleghi, pazienti. Anche se Cronenberg non sminuisce certo la portata epocale delle loro scoperte: «La psi­coanalisi nasce in un momento, e in un contesto storico – quello dell'Europa colta e civilizzata del primo Novecento –, in cui l'uomo europeo si crede avviato a un avvenire radioso. Freud mette invece l'Europa di fronte a ciò che davvero è, intuendo una violenza inconscia che ben presto esploderà nelle carneficine della prima guerra mondiale e dell'Olocausto. Io sono convinto che oggi siamo molto diversi dai pazienti di Freud e Jung, perché la presenza della tecnologia ha sensibilmente modificato il funzionamento del nostro cervello, sia a livello conscio che a livello non conscio». (...)
Alberto Crespi, L’Unità, 3/9/2011

Critica (3):

Critica (4):
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